Saturday, April 23, 2005

Revisionismi: Weezer – Pinkerton

Cerco l’estate tutto l’anno e all’improvviso...ecco il primo album degli Weezer.
Non possiede un vero nome (per i fan sarà noto come ‘Blue Album’, per tutti gli altri semplicemente ‘Weezer’) ed ha in copertina i membri del gruppo, fotografati su sfondo azzurro.
Talmente anonimi che a guardarli così, di primo acchito, sembrano capitati lì per caso.
E’ il millenovecentonovantaquattro e Rivers Cuomo, il protagonista di questa storia, non porta ancora gli occhiali. Li indosserà pochissimo tempo dopo, per apparire in un video ambientato all’interno di una puntata di Happy Days. Sì, proprio quell'Happy Days, quello di Fonzie, Richie Cunningham e della sorella ‘Sottiletta’ (non chiedetemi il nome vero, non è importante).
Quel video (girato da Spike Jonze) e quella canzone (Buddy Holly) catapultano i nostri eroi in testa alle classifiche americane e nei milioni di software Windows '95 che Bill Gates e la sua cricca riescono a vendere in giro per il mondo.
Lo scrivono in molti, lo pensano altrettanti: andati in soffitta i Nirvana, il futuro del rock 'n' roll è tutto nelle loro mani.
Ma non c’è niente da fare, la natura fa il suo corso e dopo l’estate c’è sempre l’autunno e dopo l’autunno, l’inverno: dopo un lungo tour in giro per il mondo, Rivers Cuomo decide di mollare tutto e tornare all’università (Harvard, per la precisione). La ragione ufficiale è una sola: bisogno di una pausa di riflessione. Il motivo reale si chiama depressione. Nel frattempo il resto della band si disperde in vari side project (da riscoprire i Rentals di Sharp e Wilson, rispettivamente bassista e batterista degli Weezer), si ritrovano tutti insieme dopo quasi due anni con l’obiettivo di creare un nuovo album dai nastri casalinghi registrati dal leader cantante/chitarrista.
Di quelle lunghe session non sarà mai possibile conoscere il risultato, Cuomo butta via tutto e decide, con ritrovata verve creativa, di raccontare in un concept album tutto il suo periodo buio.
‘Pinkerton’ viene composto, registrato e mixato nell’arco di pochissime settimane. Esce nel millenovecentonovantasette ed è uno shock.
La leggerezza pop dell’esordio lascia spazio a toni più cupi e maturi, il blu della vecchia copertina viene sostituito da uno scurissimo dipinto raffigurante un paeseggio innevato: un piccolo villaggio alle pendici del monte Fuji. Se ‘Weezer’ era un pomeriggio passato sulla spiaggia ad ingannare il tempo tra un giro di surf e l’altro, questo secondo disco è il temporale estivo che arriva di sorpresa e in un batter d’occhio spazza via tutto. Ambizioso fin dal nome preso in prestito da Madama Butterfly (Pinkerton è un ufficiale di marina dell’esercito americano che, dopo aver sposato la geisha Cio-Cio-San, l’abbandona incinta, per tornare nel proprio paese e riapparire in seguito con un’altra famiglia sulle spalle. Giusto in tempo per vedere la donna fare harakiri), l’album rappresenta un deciso passo della band verso l’indie rock di Pavement e Pixies e contiene alcune delle migliori composizioni di Rivers Cuomo e compari: l’iniziale Tired Of Sex, El Scorcho (inno nerd per eccellenza), Pink Triangle (praticamente la versione in musica di ‘In Search of Amy’, terzo film di Kevin Smith) e la dolcissima (e tristissima) Butterfly.
Una serie di congiunzioni astrali sfavorevoli (problemi legali che rendono in disco semi-clandestino) e la scelta della band di non far uscire né singoli e né video relegano ‘Pinkerton’ al ruolo di grande occasione persa. La popolarità conquistata con Buddy Holly diventa un ricordo lontano, MTV si dimentica degli Weezer fino a quando la casa discografica non impone loro di girare il video di The Good Life. Il rinnovato interesse dei media non tocca minimamente il gruppo, già sprofondato in una crisi che li terrà lontani dalle scene per i successivi quattro anni. Con il ‘Green Album’ del duemilauno e con ‘Maladroit’ dell’anno seguente, riassaporeranno il successo.
Ma c’è poco da fare: il loro punto più alto l’avevano già raggiunto. Si chiama ‘Pinkerton’. Anche se non se n’è accorto nessuno.